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domenica 30 settembre 2012

IO NON AVEVO BISOGNO DI TANTI SOLDI, MA DI SEGUIRE LA MIA STRADA




Ciao Alessia,
la cosa che mi fa rabbia quando parlo dell’argomento lavoro non è tanto il fatto che la maggior parte delle persone non riescano a trovarne uno, bensì il fatto che ad un certo punto della loro vita rinuncino a trovare proprio quello per cui sentono di avere una predisposizione. In un momento di crisi come questo ognuno di noi è portato dalla società a credere di dover accettare qualsiasi lavoro e tenerselo fin quando non saranno loro a buttarci fuori, a mettere da parte le nostre aspirazioni e attitudini, a subire continue umiliazioni con stage non retribuiti, lavori sottopagati come i call-center e multinazionali che ci tengono in sospeso fino all'ultimo giorno di scadenza del contratto. Però a volte basta un po’ di coraggio, inventiva, disabituarsi ai vizi a cui questa società ci ha costretti e la vita può ritornare a sorriderci.

Nel 2008, dopo otto mesi dalla mia laurea, armata del tesserino professionale come giornalista pubblicista e un invito telefonico da parte di una giornalista conosciuta mesi prima per caso nella mia città, ho deciso di andare a vivere a Milano.
In quel periodo avevo pochi soldi in tasca ma tanti sogni nel cassetto. Ero convinta che la città della moda, della finanza e della comunicazione mi avrebbe aperto molte strade. Nella mia ingenuità pensavo che, avendo già lavorato per più di due anni con un giornale ed essendo iscritta all'ordine dei giornalisti, sarei stata un pezzo raro sul mercato. Invece mi sono resa conto di non essere ne rara ne una tra le migliori. Così mentre la mattina cercavo di apprendere i segreti del mestiere presso una piccola casa editrice, il pomeriggio lavoravo in una società finanziaria. Circa 1250 euro al mese per 30 ore a settimana. Per la prima volta nella mia vita avevo uno stipendio dignitoso che mi permetteva di portare avanti la mia passione. Dopo 16 mesi di lavoro e a tre giorni dalla scadenza del contratto però la società ha chiuso il gruppo outbound e hanno lasciato a casa nove persone tra i quali c’ero anche io.

Mi sono ritrovata improvvisamente senza lavoro, con un affitto di 465 euro e le bollette da pagare.
Non volendo rinunciare al lavoro presso la casa editrice mi sono messa subito in cerca di un altro part-time ma ho trovato solo un full-time in un gruppo assicurativo giovane ma con alle spalle una multinazionale. Lo stipendio base era di circa 850 euro però con le provvigioni ottenute dalle vendite telefoniche ogni tanto sono arrivata anche a guadagnare 2000 euro al mese. Conducevo uno stile di vita medio-alto e i soldi mi avevano fatto dimenticare quasi del tutto della piccola casa editrice che avevo lasciato e del mondo del giornalismo. Come me lì c’erano tanti altri ragazzi, chi era neolaureato o già specializzato, sociologi, psicologi, fisioterapisti. Tutti uniti dallo stesso pensiero: guadagnare, guadagnare e guadagnare. A chi importava più inseguire i propri sogni, continuare a fare sacrifici per un lavoro che magari non avremmo mai fatto. “Meglio approfittare di questa offerta” continuavo a ripetermi. “Presto avrò un contratto a tempo indeterminato e tanti soldi da parte per comprare una bella macchina, accendere un mutuo, costruire una famiglia”.  Il mio corpo e la mia mente però a lungo hanno iniziato a cedere. Mi ammalavo spesso, non avevo voglia di andare a lavoro, ho iniziato a mangiare troppo o troppo poco, ero scorbutica con tutti, mi guardavo allo specchio e piangevo. Avevo tanti soldi nel conto, un armadio pieno di vestiti, tante scarpe e borse, ma non avevo la felicità. La mia vita era diventata triste e senza colori. Così ho capito che dovevo fare qualcosa. Ho cercato su internet un bel corso di videomaker e montaggio video e mi sono iscritta. Per nove mesi ho frequentato il corso nei weekend  e ogni giorno quando finivo di lavorare seguivo delle lezioni di approfondimento. Posso dire che sono stati i nove mesi più stancanti ma belli della mia vita. Perché sono stati quelli che mi hanno ridato la voglia di vivere, la forza di credere ancora nel futuro e di riscoprire il gusto per la semplicità.

Oggi, dopo 14 mesi da quando ho rinunciato ad un contratto a tempo indeterminato e ho realizzato il mio primo video reportage in Perù autofinanziato, finalmente lavoro per una serie di webtv. Lavoro insieme al mio compagno e ogni tanto realizziamo video per matrimoni, battesimi, feste, inchieste varie…. È tutto molto precario, guadagniamo poco e a volte ci rimettiamo dei soldi, ma ce la stiamo mettendo tutta per trasformare la nostra passione in un lavoro a tempo pieno senza lasciarci demoralizzare da chi ci dice che non ce la faremo. Adesso siamo felici.
Io non avevo bisogno di tanti soldi ma di seguire la mia strada.

venerdì 28 settembre 2012

UNIVERSITÁ ITALIANA: OPERAZIONE COMMERCIALE?

Ciao Alessia,
eccoti la mia storia. A 18 anni iniziai per puro caso a collaborare con un sito di videogiochi come redattore. All'epoca ero felicissimo, perché sono sempre stato appassionato di videogames e l'idea di lavorare in un settore che amavo mi rendeva entusiasta. Certo, iniziai a scrivere senza prendere un centesimo (avevo giusto i giochi gratis), però essendo ancora un ragazzo giovane e pieno di speranze, ho pensato che prima o poi sarebbe arrivato il mio momento. Passano due anni e provo a fare un salto di qualità facendo domanda a un sito web più importante. Vengo preso, e finalmente inizio pure a percepire i primi compensi: 20 euro a recensione. Non male, ma i pagamenti venivano effettuati a 90 giorni, e soprattutto scrivevo veramente pochi articoli (3-4 al mese). Dopo un periodo mi stanco e decido di mollare anche quel sito. Intanto, iscritto a Filosofia, mi faccio i miei esami, sperando che una volta laureato magari la situazione migliorasse.
Purtroppo poi arriva la maledetta crisi, e io non posso più proseguire gli studi. Per cercare di tirare a campare, mi faccio assumere da un'altra rivista di videogiochi. Sembrava molto seria, anche perché aveva alle spalle un editore che pubblicava riviste d'informatica e videogames in edicola, e infatti iniziai a pubblicare anche articoli cartacei. Peccato però che ben presto mi resi conto di essere finito in un altro "loop": nonostante le promesse di pagamento, con tanto di invio a casa delle ricevute fiscali dei miei lavori, passavano i mesi ma non vedevo un centesimo (ovviamente non solo io, ma anche molti altri collaboratori) Nel frattempo la situazione a casa peggiora, e io cerco un lavoro che mi permetta di guadagnare qualcosa di più sostanzioso. Trovo lavoro in aeroporto: contratto di 1 mese per assistenza ai passeggeri. Peccato che ben presto l'Alitalia nota che la mia figura e quella dei miei colleghi è superflua, quindi scaduto il contratto tutti a casa. Nel frattempo continuo a scrivere per quella rivista, sperando che la situazione si sblocchi. Nulla di fatto però, io continuavo a scrivere, pubblicare articoli, senza ricevere nessun compenso. Verso la fine dell'estate sbotto e, insieme ad altro collaboratori, ci impuntiamo e diciamo chiaro e tondo al responsabile che se non avessimo ricevuto i compensi, non avremmo più scritto. Ci viene detto che l'editore è in crisi, che presto verranno fatti dei tagli, che c'erano difficoltà.
 
Però disse una cosa, da far ribollire il sangue: "Continuate a scrivere, perché avete comunque visibilità". Io non ci sto e mollo tutto, perché con la visibilità non ci faccio la spesa né ci pago le bollette. Dopo alcuni mesi scopro che il sito per cui collaboravo non esiste più. Io nel frattempo provo a fare domanda a un altro famoso network, molto grande, per diventare blogger e scrivere di informatica e cinema. La mia candidatura va a buon fine, e io tiro un sospiro di sollievo perché collaborando con un sito così importante, le cose sarebbero andate meglio. Purtroppo vengo smentito: i compensi andavano da 3 a 4 euro a post, e non venivamo pubblicati tutti i giorni. In ogni caso alla fine di tutto decido di mollare anche quel sito, ma soprattutto di mollare l'attività di giornalista freelance. Non solo la mia esperienza personale ha pesato, ma anche le inchieste fatte su questo settore mi hanno fatto capire di come questa strada sia impraticabile per una vita dignitosa. Facendomi due conti quindi, ho deciso di chiudere questo capitolo.
 
Nel frattempo le cose a casa si sistemano perché vendiamo la casa in cui abitiamo per prendere una più piccola. Io decido di iscrivermi a un corso di formazione professionale, sperando che possa aiutarmi. Con la scrittura in ogni caso ho chiuso, e rimarrà giusto una passione personale. Vorrei però condividere alcune mie considerazioni sull’ Università italiana.
 
Premetto che quanto dico potrebbe non piacere a molti laureati,. Come te, molti ragazzi oggi sono delusi dal fatto di essere disoccupati nonostante aver sudato anni sui libri per conseguire la laurea. E' innegabile che avere in una mano un pezzo di carta e nell'altra un pugno di mosche è, a dir poco, frustrante. Io però da ex universitario (che non ha terminato i propri studi per svariati motivi) mi sono reso conto che, forse, il discorso della laurea in Italia sia simile a quello della bolla immobiliare: è scoppiata. Prima si pensava che avere un titolo del genere in tasca garantisse un posto di lavoro stabile e ben retribuito, e in effetti fino a un ventennio fa era più o meno così. Ma oggi anche questo agognato pezzo di carta potrebbe essere inflazionato. Ma non è tanto questo ciò che voglio sottolineare. Come ti avevo già detto su Facebook, molti giovani devono iniziare a puntare il dito su quella stessa università, rea di avergli venduto un prodotto che, alla resa dei conti, non si è mostrato utile come dicevano i venditori, cioè i professori. Perché purtroppo io ho la netta sensazione che, in questi ultimi anni, l'università non sia più l'ente a cui sta a cuore il futuro dei giovani, ma una mera operazione commerciale realizzata da docenti, baroni e compagnia per illudere gli studenti con false promesse di favolosi sbocchi lavorativi in modo da assicurarsi le cattedre.


Potrei fare il tuo esempio: quando ti sei iscritta alla tua facoltà, cosa ti era stato detto? Come ti avevano presentato i docenti il tuo corso di laurea? Immagino. E ora che tu ti ritrovi disoccupata, cosa vorresti dire a quei prof? Magari ti risponderanno che non è colpa dell'università, perché c'è la crisi, perché siamo in Italia, perché tutto va male. Io invece direi che loro una buona dose di responsabilità ce l'hanno. Poi non so nel tuo caso sia così. Quello che forse noi dobbiamo dire ai giovani è di iniziare a essere più accorti quando si fanno scelte sul proprio futuro. Da questo punto di vista in Italia ci dovrebbe essere un sistema di orientamento migliore, che dica agli studenti in procinto di immatricolarsi cosa serve al Paese, cosa no, quali corsi frequentare, e soprattutto quali istituti o enti propongono percorsi formativi validi desiderati dalle imprese. Tanto per fare un esempio, in questo momento sto frequentando un corso di formazione professionale istituito da un ente di formazione a Roma che, in partnership con varie aziende, istituisce svariati percorsi formativi su specifica richiesta delle imprese. Le università dovrebbero fare questo, ma, salvo rari così, vanno nella direzione opposta.


Se poi i ragazzi sono determinati a coltivare le proprie passioni o le proprie inclinazioni a tutti i costi, saranno comunque consapevoli delle loro decisioni. Cosa che, purtroppo, nella maggior parte dei casi non avviene: ed ecco che e i sogni e le aspirazioni dei ragazzi, si sfracellano sul muro della realtà.

Daniele

ITALIANS

 
Questa mattina, mi ha scritto Aldo, di Italians in fuga.
 
Mi ha segnalato che è stato dedicato uno spazio alle storie di Danordasud sul blog di Beppe Severgnini sul sito del Corriere della Sera.
 
Con enorme piacere vi segnalo l'articolo.
 
Questa mattina mi piace pensare che in fondo allora, non siamo soli.
 
Scrivete, vi aspetto numerosi!
 
Alessia

giovedì 27 settembre 2012

NON MI MANCA PROPRIO ESSERE UN NUMERO


Ciao sono Enrico, ho 32 anni e vivo a Milano, città dove sono nato.
Mi sono diplomato alla scuola alberghiera (specializzazione in cucina) ma ben presto mi sono accorto che non era la mia strada e, visto che non avevo le idee chiare su cosa volessi fare, ho preferito far risparmiare ai miei genitori i soldi per l'università e ho iniziato a lavorare. Il primo anno ho lavorato sia in un ristorante che in una pasticceria per capire realmente se mi piacesse o meno continuare il mestiere.



 Da quel momento fino ad oggi non mi sono più limitato a cercare un lavoro in un settore specifico ma ho fatto tutto quello che trovavo. Per ovvi motivi , ma non li elencherò tutti. Comunque, lasciata la cucina ho lavorato come addetto alle vendite in un negozio di computer, allora (2001) l'anno di apprendistato sarebbe sfociato in un contratto a tempo indeterminato, ma, allettato da una proposta più lucrosa sono andato a lavorare come addetto alla fatturazione.


Durante i 4 anni trascorsi in questa ditta, me la sono passata bene, ma alla fine del 2006 l'apprendistato non si è trasformato in contratto a tempo indeterminato e sono rimasto a casa (si può dire che sono stato un precursore dei tempi!).
Un po’  tentennante decido di dare una svolta alla mia vita e parto alla volta di Dublino, mi voglio mettere in gioco dove non conosco nessuno, e dopo un paio di mesi di scuola (poco studio ma ottimo per fare amicizia)  trovo lavoro in banca. A quel tempo era molto facile trovare lavoro in Irlanda e una volta entrato nel giro potevi cambiare posizione e ruolo a seconda del tuo livello di conoscenza del lavoro e dell' inglese, ma, la pioggia è inesorabile e dopo 15 mesi con l'ombrello mi trovo ad un bivio: tornare a casa o andare da un'altra parte (al sole).
Avendo girato e conosciuto tante persone ho presto capito che non esiste un posto migliore dell' Italia e così sono tornato. Dopo un paio di mesi di vacanza, inizio a cercare lavoro, tanto tra me e me penso che con l'esperienza appena fatta non ci siano problemi ed invece.... trovo con fatica un lavoro part-time in una finanziaria (call center) per 3 mesi prorogati in seguito per 6, e poi per 4, e poi per altri 2 mesi (ovviamente tutti i rinnovi sono stati comunicati con al massimo un paio di giorni prima della scadenza).

Arrivato a questo punto avrei avuto a disposizione al massimo un' altro rinnovo allorché ad una settimana dalla scadenza del contratto mi è stato proposto di passare full time, ma che sarei dovuto stare a casa tra un contratto e l'altro per un mese (tanto per poter azzerare i rinnovi e poterne avere altri 6 per un massimo di 3 anni). Nonostante ciò ero contento perché sarei rimasto e avrei avuto il lavoro full time con tutto quello che ne comporta, ma il bello deve ancora venire.

Dopo 3 giorni il capo mi chiama e mi dice che non può farmi passare al full time ma che per il momento mi può solo rinnovare per altri due mesi, a questo punto penso: "Bè dai ho due mesi per cercare un altro lavoro avendo uno stipendio" ma appena un'ora dopo il capo chiama tutto il gruppo (9 persone) e ci dice che nessuno sarebbe stato rinnovato.


Incasso il colpo e mi rimetto alla ricerca, faccio qualche corso gratuito per integrare quello che manca alle mie esperienze, giro tutte le agenzie interinali, mando cv, i colloqui non sono tanti, molti con un buon feedback da parte dell'agenzia che però non portano a nulla, intanto faccio qualche lavoretto, fino all'estate quando, come per magia, si materializza il lavoro (come al solito per rimpiazzare la gente che va in ferie) ad ogni modo accetto il nuovo lavoro in banca per i classici 3 mesi rinnovati fino a quando risulta che la banca ha la "necessità" di prepensionare almeno 3000 persone. Per fortuna che ci sono i sindacati che si accordano con la banca!!!!

Arrivano a 3400 prepensionamenti ottenendo in cambio 2000 nuove assunzioni; la cosa potrebbe essere positiva peccato che 1000 saranno figli o parenti di alcuni prepensionati (proposta del sindacato stesso) e gli altri 1000 saranno le persone con contratti atipici con almeno 14 mesi di anzianità.

Una volta che l'accordo è stato fatto l'azienda lascia a casa la gente quando raggiunge i 12 mesi di anzianità lavorativa, tra cui il sottoscritto (e altre 80 solo nella mia sede), arrivano addirittura a rinnovi di 15 giorni per permettere la formazione dei nuovi arrivati (ovviamente eravamo noi a fare l'affiancamento e la formazione), i pochi "fortunati" sono stati assunti, dove possibile, con contratto di apprendistato (con una sorta di obbligo all'assunzione alla scadenza dei 4 anni) con ticket giornalieri che passava da 5,29€ a 1,89€. Bello no!? .


A questo punto ho detto basta e con la mia ragazza decidiamo di cambiare:  basta rinnovi e basta prese in giro. Iniziamo a fare quello che ci piace, riprese e montaggio video. Collaboriamo con una serie di webtv per avere qualche entrata extra e facciamo riprese e montaggio per eventi vari (matrimoni, battesimi, feste, gare) e quando il portafogli lo permette anche reportage (alluvionati del fiume magra), ci piace parlare e indagare su quello che tv e giornali non dicono. Premetto che non sono "figlio di papà" quindi non ho soldi extra (ne tantomeno la mia ragazza), me la gioco con le mie forze ma sono io a vivere la mia vita e non vivo la vita che gli altri vogliono per me, vi posso garantire che non mi manca proprio essere solo un numero.

Enrico

Vi allego il link dove potete trovare il reportage sugli alluvionati del Magra che Enrico e la sua ragazza hanno girato
http://www.reportageontv.it/

mercoledì 26 settembre 2012

SCRIVETECI

Cari lettori,

vi invito a raccontare la vostra esperienza, a condividere le vostre opinioni su questo blog.

A cosa può servire? A sentirsi meno soli quando ci si sente dire per la milionesima volta no, a incoraggiarci a partire, o forse a restare e cercare di cambiare le cose.

Ci potrebbe forse aiutare ad attirare l'attenzione di chi dovrebbe e potrebbe realmente fare qualcosa per noi. Resto scioccata di fronte alle immagini di Madrid, una folla di gente che grida "que se vayan todos!" (Se ne vadano tutti!) e al contempo mi chiedo cosa stiamo realmente facendo per cambiare le cose e cosa stiamo aspettando ad indignarci.

Io ci credo in quel che faccio, ci sto dedicando tutto il mio tempo e anche la faccia se vogliamo.
Ma ho bisogno del vostro contributo. Ieri dopo aver scritto un centinaio di e-mail a svariati giornali, mi ha risposto il Direttore dell'Agenzia di stampa Dire e mi ha proposto di creare uno spazio sul sito dedicato alle storie che mi racconterete.
Eccovi il link : http://www.dire.it/Le-storie-di-Alessia/le_storie.php?m=50&l=it
Potete scrivere direttamente a alessiabottone@libero.it o bottonealessia1985@gmail.com anche in forma anonima!

Che dire? Vi aspetto numerosi!
Alessia

martedì 25 settembre 2012

THE BITTER END... E NESSUNO INTERVIENE!

Con piacere pubblico la lettera di Michele. L'ho letta tutta d'un fiato ed è il ritratto perfetto della nostra società odierna: The bitter end!

Salve Alessia,
mi chiamo Michele, sono nato a Venezia nel 1985. Ho 27 anni, laurea magistrale  conseguita a 25 anni in giurisprudenza, causa legale al corpo docente per aver superato a pieni voti l'università non considerava possibile che io avessi finito tutto a 25 anni e non accettavano la situazione (poi si lamentano che finiamo tardi); pratica 2 anni previa iscrizione albo, corso ECDL, stage Ministero pubbliche relazioni senza un soldo, concorsi tra Roma, Milano, Torino, Firenze tra raccomandati, parenti di persone tra cui responsabili, esaminatori, una vergogna all'italiana nessun lavoro in Italia!

Per anni per non incidere sul bilancio familiare ho servito ai tavoli quasi di tutto il (NORD ITALIA)perchè al sud mi pagavano troppo poco per mantenermi, desideravo il sud per il mare, paesaggi. Torno al nord,rimaneva solo aprirsi partita iva e aprire studio privato, calcolando spese e bilanci vari inerenti alla professioni circa 5000/6000 euro nell'arco annuale, prestito familiare (sempre ringrazierò i miei genitori per questo) e tento la strada per 2 anni, siamo un popolo litigioso guadagno bene ma tra tasse, spese costi vari che il nostro stato impone chiudo, se non hai un genitore nell'ambito è  difficile emergere e rimanere aperto. I tempi sono cambiati c'è una gerarchia familiare in ogni ambito sia architetti, che avvocati,farmacisti,ecc Per i neo arrivati è durissima. Corso di inglese avanzato,esame toefl parto per Los angeles California, non vedevo lungo le strade principali uno studio legale, in America ci sono cooperative, grattacieli dove lavorano migliaia di avvocati,civilisti, penalisti,ambiente,divorzisti, etc. Lì rimango paralizzato: tutto diverso, funzionante, mando un cv nel frattempo dormo in un motel.

Mi reco presto in questo enorme grattacielo tramite un taxi parlo con un responsabile delle risorse umane, un ragazzo italiano laureato in Scienze politiche mi porta dal presidente della cooperativa, un signore di 62 anni mi fa domande, mi chiede del sistema politico italiano, penale/civile, istruzione uno sguardo serio,mi parla della moglie italiana di 58 anni. Loro tornano in Italia solo in vacanza e la moglie è calabrese.

Il giorno dopo in ritardo andai a presentarmi tutto elegante ma in ritardo, pessima figura infatti primo richiamo,mi scusai e dissi per via del taxi che mi diede buca, il presidente mi fa chiamare io tremavo, mi urlo, dicendo che dovevo essere preciso che dovevo meritarmi il posto di lavoro, giustamente nessuno assume ritardatari, gli raccontai dove dormivo che stavo a piedi e subito mi diede dei moduli da compilare, in pratica mi hanno trovato alloggio per 6 mesi gratis tranne spese acqua, luce, gas dove le spese sono basse, auto aziendale gratuita con retribuzione carburante,in Italia vivevo con i miei e usavo l'auto di mia madre......contratto indeterminato lavoro bene,clienti gentili e colleghi di lavoro molto gentili sopratutto se non capisco alcune cose della lingua.

La cosa buffa che fa riflettere è che quel signore nella foto che avevo visto il primo giorno è Donald Trump (il Presidente della cooperativa è uno dei suoi tanti avvocati e ha scelto me che non sono nulla, solo perchè sono bravo nel mio lavoro, senza amicizie, raccomandazioni). Un giovane lavora a 22 anni,corsi di laurea durano 3 anni: 1 di teoria, 2 di pratica; solo medicina dura 4 anni,quindi arrivati alla soglia dell'età dei nostri laureati già hanno sulle spalle un retaggio lavorativo quasi di 10 anni cosa che un italiano non ha! Dovremmo in Italia cambiare tutto il sistema nazionale universitario scolastico,tipo da noi le superiori sono liceo,istituti tecnici,professionali. Alessia alle superiori li vedi nei laboratori, aule studio, facoltà, corsi da fare molto utili e formativi, studio a 360 gradi non refrattario, lavori ben definiti con abilitazioni giuste e gratificanti. I ragazzi di età compresa fra i 22 anni e i 23 anni già pagano un mutuo,già lavorano già si sposano.

Ho una rabbia incredibile,ho una madre che piange perchè ha il figlio che vive lontano, non è il tipo da prendere l' aereo sono tante ore, mio padre orgoglioso ma so che anche lui è triste. Ora mi trovo in Italia dai miei genitori per stare un pò con loro,a breve ritornerò al mio lavoro,  consulente legale una paga molto alta ho preso casa in un bel quartiere, ho una compagna le chiederò di sposarmi.

Lei lavora come compositrice musicale ci vive con questo lavoro ma ha una sorella che lavora come cameriera ma CI VIVE io non riuscivo in Italia. Mentre guardo dalla mia vecchia cameretta i miei vicini plurilaureati 27/28/30 anni in casa davanti a un computer dalla mattina alla sera, senza futuro, prospettive di vita penso: "ma siamo noi inopportuni o il sistema italiano è allo sfascio totale? Dal tuo blog noto che nessun esponente politico ascolta, o interviene, nessuno si interessa alla situazione, programmi televisivi da scandalo, ignoranza e presunzione inutile a mio parere. Io a breve andrò via perchè non credo più nella mia nazione di origine ma per chi rimane che succede?? Stare buttati in casa?? I nostri politici rubano soldi mentre dove vivo io un deputato usò soldi pubblici per una festa ed è stato condannato a  4 anni, mentre nostri politici rubano al popolo dandoci servizi scadenti, imbrogliano e stanno lì nelle loro poltrone,si arricchiscono mentre i nostri genitori periscono dopo una vita di lavoro, sacrifici. Ma che aspetta il popolo Italiano PROTESTARE,BLOCCATE LA NAZIONE INTERA NON COMPRATE NULLA PRODOTTI GENERICI PASTA,PANE, ACQUA, NON FATE BENZINA, RIBELLATEVI.

Alessia scusa la mia rabbia ma solo con persone come te qualcosa può smuoversi anche se non posso rimanere non riesco mi sento male solo quando sto per strada e vedo il modo di vivere, agire, reagire, pensare del popolo italiano che ormai vive nell'ignoranza totale,occhi bendati o insoddisfatti che fine. La colpa è anche nostra che permettiamo di rovinarci o partire come feci io ma ho provato non riesco mi sentivo costante fallimento, i miei genitori hanno strappato la tessera elettorale e voi??

Grazie Alessia e scusa i miei modi poco civili ma guardare la mia nazione così è brutto. Io mi vergogno. Gli italiani in America fanno festa organizzando cene eventi per Italiani coetanei, generazioni, piangono per la mancanza affettiva e nazionalista, mentre noi in italia non guardiamo il prossimo.

Distinti saluti
Michele

lunedì 24 settembre 2012

UNA STALKER DEL LAVORO


Eccoci qui! Sono Valentina, ho 25 anni e dal 2010 vivo a Verona. Prima vivevo a Trento dove ho tentato di prendere la laurea in beni culturali con indirizzo archeologico. Passato qualche anno lo stimolo è passato poiché non vedevo sbocchi per il futuro e la passione era decisamente calata. Decido allora di tornare a Verona per convivere col mio fidanzato, cosciente del fatto che mi sarei dovuta rimboccare le maniche e adattarmi.
Speravo che il mio diploma da perito aziendale e corrispondente in lingue estere potesse essermi vagamente di aiuto, ma ben presto mi sono resa conto che non avendo esperienza in quel campo poco me ne facevo. Nessun problema troverò qualsiasi altro lavoro, mi sono detta, tanto ho fatto di tutto, dalla lavapiatti alla cameriera.
Guardo dappertutto, batto a tappeto le zone limitrofe, entro nei negozi, guardo gli annunci su internet, sul giornale e sui volantini.
Scopro così anche  il magico mondo degli annunci “fuffa”, sì quelli dove sembra che cerchino segretarie e un sacco di altre figure interessanti e poi invece ti ritrovi a fare il venditore porta a porta per l' Eni. No, grazie.
Ok va bene,  ma come commessa in qualche negozio troverò! E invece nulla, perché per fare la commessa serve un casino di esperienza. Caspita, ma nei negoziacci dove vendono intimo a pochi soldi, dove le commesse piegano solo le mutande e non ti si filano di striscio che  esperienza serve? Io le mutande le piego giornalmente e sono bravissima! Basterà sorridere ed essere carina e avrò qualche chance. Ma purtroppo avevo 24 anni, “non saprei, di solito le nostre ragazze hanno sui 19 anni, magari saresti a disagio.”
Perfetto mi hanno dato della vecchia a 24anni, pensavo che il problema non si sarebbe posto almeno fino ai 30!
Infiniti colloqui, infinite volte in cui mi chiedevano se mi sarei sposata, se avrei avuto intenzione di fare figli, tutto come in una normale ricerca di lavoro.
Trovo finalmente impiego in un panificio, felicissima poiché sono un'appassionata di cucina. Mi avevano detto che mi avrebbero insegnato, che l'inesperienza non era un problema etc. Ora non vi racconto tutto ma, morale della favola, questi sfruttavano e se ne approfittavano. Non appena io ho iniziato a fare domande specifiche su cosa dicesse a riguardo il contratto nazionale del lavoro, sono stata “minacciata” che questa cosa si sarebbe ripercossa sul rapporto lavorativo, che sicuramente avevo sentito i miei ex colleghi di lavoro (ho lavorato come centralinista in un CAAF della CGIL), insomma che ero una mela marcia. A malincuore, ma esausta mi licenzio. Volevano da me dei soldi, che poi controllando non gli spettavano di certo.
Tolgo dunque  dal mio curriculum l'esperienza in CGIL e ricomincio la ricerca.
Passato qualche mese inizio a fare la postina. Fantastico, pagano bene e finisco presto. Scopro che è un gran casino per i trimestrali, ma si fa. Al secondo mese succede l'inconveniente, devo essere operata, con la convalescenza troppo lunga devono licenziarmi perché supera il comporto. Ma ricevo la magica telefonata del direttore che mi prende un po' a parole e mi dice che devo licenziarmi sennò loro rimangono senza una persona per tre settimane. Ovviamente rifiuto per poter finire la malattia e per non perdere un'eventuale disoccupazione.
In tutto questo tempo io ho fatto anche dell'altro, qualche extra in un ristorante, promozioni nei centri commerciali, mistery client, ma di certo non mi danno da vivere.
Ho lavorato per la campagna Istat nell'inserimento dati dove ho scoperto l'esistenza dei magici contratti da 12gg.
Ho provato anche metodi di ricerca alternativa. Quando conosco qualcuno di nuovo cerco sempre di dire che sono alla ricerca e mi propongo nel caso possano offrirmi un lavoro, una stalker del lavoro. Così facendo, un buon samaritano voleva metterci una buona parola con il signore delle piadine: “però devi portare pazienza, perché gli piace allungare un po' le mani.” No grazie. Ora sono di nuovo a casa e sempre e comunque alla ricerca di lavoro.
Ho solo un'idea in testa ormai, se si vuole un lavoro, forse è meglio crearselo.

sabato 22 settembre 2012

RAI 2 L'ULTIMA PAROLA

Cari lettori, 

Ecco a voi i link dell'anteprima web e della puntata di ieri sera della trasmissione L'ultima parola andata in onda ieri sera alle 23.35 su RAI 2.



Mi rendo conto che si tratta di pochi minuti, ma penso sia grandioso in fatto che i mass media stiano finalmente dando spazio a queste tematiche. La considero un'occasione molto importante per farci ascoltare. Uniamo le forze, non siete forse stanchi di farvi chiamare pecoroni o bamboccioni da una classe politica che usa i vostri soldi per i festini? 
Qui non è più la questione "Alessia non trova lavoro". E' la questione giovani e non giovani che non trovano lavoro e molti, tra coloro che ce l'hanno, sopravvivono con contratti che non rispettano gli standard minimi di tutela del lavoratore. 
Aspetto le vostre testimonianze, ma vorrei anche delle proposte!

Ps: Io li vedo questi "famosi giovani" lavorare e sono magnifici, hanno quel non so che di freschezza, che può apportare tanto. Essere giovani, non è una colpa. E' il diventare cinici che può diventarlo.

Alessia 

giovedì 20 settembre 2012

30 ANNI? MA LEI E' TROPPO VECCHIA PER LAVORARE!

Ecco a voi la lettera di una ragazza che per motivi di privacy chiameremo Marta.
Trovo molto interessante il suo intervento. Fino ad ora nessuno aveva parlato dell'apprendistato, di questa tipologia contrattuale che con la Riforma Fornero diventa canale di accesso privilegiato al mercato del lavoro. Privilegiato? Stiamo freschi allora!
 
Indipendentemente dalla crisi, sono anni che gli apprendisti non vengono assunti al termine del contratto. La crisi forse ha aggravato il problema, ma diciamo che non è una novità.
 
Con la Riforma però vengono posti alcuni interventi correttivi nel D.Lgs. 167/2011 tra i quali:"l’assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione , di almeno il 50% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro.
E dell'altro 50% cosa ne facciamo? Hanno quasi compiuto 30 anni, come li assumiamo? Hanno lavorato per 800,00 euro al mese vivendo dai genitori nella speranza di essere assunti successivamente e invece si trovano con un pugno di mosche in mano. Li assumiamo con un bel contratto a progetto! Oppure non li assumiamo affatto e gli inviamo via e-mail la lista dei mestieri che gli italiani non vogliono fare dicendogli "non importa che tu sia diplomato in grafica o che tu abbia fatto l'apprendista commesso da domani fai il falegname, oppure l'idraulico". Ti facciamo un bel corso di formazione a tue spese, e voilà, ecco come ti riciclo l'apprendista!
 
 
La lettera di Marta:
 
"Signorina, lei ha sbagliato tutto, non ha mai lavorato”.
Allibita guardo la dipendente del Centro dell’Impiego che ha tra le mani il mio curriculum vitae di quattro pagine e, cercando di mantenere la calma, rispondo “Come scusi?”. Lei mi guarda e mi spiega:”Eh sì signorina, ha lavorato si, ma non con contratti di apprendistato. Sa l'apprendistato è un tipo di contratto che facilita molto l’assunzione. Lei ora è fuori età.”(ho 30 anni) 
Ho preso fiato e le ho risposto: “Senta, non voglio contraddirla ma conosco  persone che sono state assunte con contratto di apprendistato e che sono (o saranno) lasciate a casa  a fine contratto, quindi..”.
L’impiegata mi guarda e io taglio corto cercando di non iniettare ulteriore negatività nella già demoralizzante conversazione e asserisco: “Beh, questo è quello che son riuscita a fare, ora quel che sarà, sarà, qualcosa ci dovrà pur essere!”  Sicuramente l’impiegata in questione è molto più informata della sottoscritta (e di noi tutti) riguardo la difficoltà di noi giovani nell’ inserirci nel mondo del lavoro quindi non mi sono dilungata nei dettagli.
Non le ho spiegato che i curriculum ignorati son molto di più di quelli visionati e che ottenere un colloquio è quasi come vincere al Superenalotto.
Non le ho spiegato che ho fatto colloqui in cui, personalmente, mi sono sentita un po’ presa in giro. “Signorina, questo lavoro non ha nulla a che vedere con la sua laurea, come mai s’è candidata?” Uhm, forse perché, coi tempi che corrono, il fatto che il lavoro non abbia nulla a che vedere con la laurea conseguita–sono laureata in lingue- è l’ultimo dei problemi.
Non le ho spiegato che, pur di lavorare, ho accettato tutti i tipi di contratti che mi son stati proposti e ho accettato anche retribuzioni posticipate (eh, questi stipendi da nababbi  con cui ci sommergono mica possono arrivare sempre in tempi ragionevoli). Solo una volta, una,  mi son permessa di rifiutare un contratto, lavoro e, ovviamente, stipendio ma era per salvaguardare me stessa, il datore era un marpione.
Non le ho spiegato che le truffe lavorative sono in aumento perché giocare col futuro delle persone sta diventando remunerativo (e io in una truffa ci sono cascata, sigh).
Sì, credo che l’impiegata sappia che le aziende trovano mille strategie pur di pagare poco, pur di non assumere, lo sa che è difficile, stamattina mi ha chiamata, mica grandi prospettive (sia mai!) ma intanto…

 

PER LA POLITICA SEMBRA ESSERE SECONDARIO


Oggi ho il piacere di presentarvi Gaia, una ragazza squisita che ho conosciuto a Roma tempo fa.
Professionale, professionista e attenta alle esigenze altrui, Gaia non è più una ragazzina e sa il fatto suo. Sa che per fare questo mestiere ci vuole tanta passione perchè non sarà certo il salario a convincerti a fare questa scelta professionale. E' il desiderio di contribuire a "migliorare il mondo", a prestare attenzione e a dedicare tempo alle persone. Insomma posso dire che è il sorriso delle persone il vero assegno a fine mese. E' anche vero però che con gli assegni in bianco non si mangia. E' anche vero che alla soglia dei 40 anni la scusa" tanto è una situazione temporanea, tutto migliorerà" non regge più. E allora il risveglio è amaro e l'unica soluzione è reinventarsi, ancora un'altra volta, mettendosi in discussione.
Ma non sarà forse ora di reinventare il mondo?
 
Ecco a voi la lettera di Gaia:
A vent’anni ho scelto la mia strada, fiera e senza mai mollare; sicura di me stessa, convinta delle mie capacità, sostenuta dai miei ideali e pensando a quanto sarebbe stato bello studiare e specializzarmi nel campo professionale scelto e che “sicuramente” mi avrebbe dato enormi soddisfazioni umane e personali! Poi mi sono svegliata ed il risveglio non è stato dei più belli: una doccia fredda in pieno inverno sarebbe stata meno brutale.
Sono un’ Educatrice Professionale e Counselor nella relazione d’aiuto: parole veramente grosse e spesso, ahimè, sconosciute.
I primi anni di formazione e tirocini li ho dedicati a cercare di capire quale ruolo effettivamente avrei potuto ricoprire nel mondo del lavoro ma la faccenda più complicata è stata cercare di spiegare al resto delle persone chi fossi e cosa facessi; non importava, era ancora tutto bello ed idilliaco e, nonostante paure e frustrazioni che cominciavano a fare capolino, ho continuato a perseguire i miei obiettivi sostenuta da un forte entusiasmo. Ero anche ingenuamente convinta di poter contribuire a migliorare una parte di mondo!
Sono passati anni, tanti anni, ho lavorato in tantissimi settori, accontentandomi di: stipendi da fame quando avevo la fortuna di essere pagata, contratti inesistenti, impossibilità di crescita professionale (a meno che non decidessi di armarmi di un bel coltello tra i denti ma non è mai stato nella mia indole), spesso ritrovandomi in équipe di gente in competizione o con responsabili abilissimi a farti sentire perennemente inadeguata e mortificata nella professionalità, già sufficientemente precaria e a rischio di burn-out.
Nel tempo, quindi, presa coscienza della situazione e risvegliatami dal sogno delle illusioni idilliache, ho fatto una scelta scomoda ma mirata al rispetto della mia dignità personale e della mia libertà individuale decidendo di staccarmi dal mondo delle Cooperative per riflettere sulla mia situazione professionale e provando ad investire su me stessa  in modo nuovo e costruttivo.  Ho fatto i conti molto male perché non ho preso in considerazione diverse cose: la crisi attuale in primis ed un contorno di tanto altro come la morte definitiva del mondo del sociale (a Roma in particolare) o l’ ulteriore presa di coscienza che “pesce grande mangerà sempre pesce piccolo” ed io non sono un pesce piccolo, di più!
Purtroppo la maggior parte delle Cooperative sociali (in particolare quelle storicamente radicate nel territorio) hanno di “sociale” solo il nome  e sono aziende invischiate in giochi politici con l’unico scopo del guadagno economico da ottenere sulle spalle di chi ci mette la faccia e si sporca le mani, lavorando onestamente! Questa non è l’unica interpretazione valida per giustificare il mio atteggiamento fortemente critico verso il mondo del sociale! Ad onor del vero voglio sottolineare fortemente la totale mancanza di investimenti nel settore, con tagli ovunque e l’ incapacità di leggere i bisogni reali della popolazione e la necessità di sostenere tutti quei progetti altamente validi e mirati al sostegno delle persone; ma tutto questo per la politica sembra essere secondario, ed ha portato quasi all’ annullamento del terzo settore o garantendo il sostegno solo a quelle strutture invischiate con il politico di turno!
Oggi, a 39 anni suonati posso “urlare con orgoglio” di essere incazzata nera con me stessa (e non solo) forse per non aver avuto voglia di scendere ai tanti pesanti compromessi che mi venivano chiesti implicitamente: sacrificare la vita privata per la vita lavorativa, dare il meglio di sé accontentandosi sempre di briciole con promesse, non mantenute, di migliori prospettive professionali e quant’altro….
 Incazzata nera perché mi sono impelagata in un atteggiamento di delusione e sfiducia convinta ormai che nulla cambierà! Oggi mi sento in perenne “formazione”, che affronto ormai con rabbia, un po’ di distacco ed ulteriore impegno economico ( perché vieni tampinato dall’idea che se non ti formi non sarai mai pronta davvero) e con la consapevolezza che oggi un volontario, armato di ideali e buoni sentimenti, può avere il mio stesso ruolo professionale con qualche ora di formazione sulle spalle.
Che ho studiato a fare allora? Ma soprattutto, essendo parte di quella terra di mezzo in cui non sono più abbastanza giovane per rientrare nella categoria dei giovani che non trovano lavoro (piena solidarietà anche a loro) ma neanche abbastanza vecchia per godermi bellamente le mie ore di riposo a casa senza sentirmi in colpa perché non sto producendo, che futuro vedo davanti a me? L’unica risposta intelligente che mi viene in mente è che dovrò reinventarmi senza dimenticare il pieno rispetto di me stessa e possibilmente facendo qualcosa che mi piaccia, mi appassioni e mi dia una qualche soddisfazione; parallelamente lottare contro un sistema marcio che non garantisce il diritto alle opportunità per tutti. Come?
E chi può dirlo?
Gaia

martedì 18 settembre 2012

IL COWORKING: IL MIO ARTICOLO PER CAFEBABEL

Cari lettori,
 
oggi vi propongo un articolo che ho scritto per Cafebabel sul coworking. Approfittando dell'esperienza di Francesco e Alessandro, due giovani free lance veronesi ho cercato di fare luce sul fenomeno del coworking già ampiamente diffuso negli Stati Uniti e in aluni paesi europei. Voi cosa ne pensate?
 
Ecco a voi il link e buona lettura!
 
 
Alessia

lunedì 17 settembre 2012

MARTINA, UNA DI NOI


Ciao, sono  Martina e ho 27 anni.
La mia esperienza lavorativa è passata tra alti e bassi: diplomata nel 2004 ho iniziato subito a lavorare presso un’azienda come impiegata, un periodo positivo che mi ha portata nel mentre a conoscere il mio attuale fidanzato e la nascita del mio piccolo Jacopo che oggi ha 4 anni.
Le cose da allora sono cambiate.  Nell’anno clou della crisi l’azienda per la quale lavoravo dal giorno alla notte ha chiuso, lasciandomi  con un mutuo, asilo nido e bollette  da pagare  solo con uno stipendio (tutto ciò non avendo ancora ricevuto, a distanza di 3 anni, quello che mi spetta del licenziamento e del TFR) ; per mesi mia mamma ogni settimana mi ha fatto la spesa ed entrambi i genitori ci sostenevano economicamente come potevano.  Cercando di darmi da fare nel giro di poco ho trovato un impiego come commessa stagionale che ho accettato anche se , con un bambino,  mi costringeva a lavorare  nel periodo invernale compreso i sabati e le domeniche ma , in momento così, era l’unica opportunità’ che si era presentata!!!  Fortunatamente dopo alcuni mesi l’ azienda di mio padre mi propose un contratto di mezza giornata, la situazione di crisi economica in Italia era alle stelle e altro non potevano offrirmi. Quindi quando le cose in qualche modo si stavano pian piano sistemando, le difficoltà nel portare a casa lo stipendio passarono  al mio ragazzo: lavoro, lavoro,  lavoro, ma a fine mese nemmeno un  soldo. Iniziai così a lavorare mezza giornata in azienda e come commessa a chiamata (in qualche modo lo stipendio in casa doveva entrare ogni mese). Riuscii poi a trovare un terzo lavoro come impiegata che mi occupava l’altra metà della giornata , complessivamente facendo i conti un unico lavoro 7 giorni su 7 ma diviso in 3 aziende diverse, orari diversi e paesi diversi. Partire alla mattina per raggiungere un posto di lavoro, staccare in pausa pranzo per raggiungerne un altro e passare tutti i fine settimana lontano dalla famiglia per dover lavorare,  il tutto accompagnato da una mia situazione fisica di stato di salute  assai aggravata da stress  , febbre e dall’asma bronchiale diagnosticatami in quel periodo che non mi faceva dormire la notte. La situazione andò avanti per 6 mesi. Quante volte le persone più care si sono preoccupate per me! Mi dicevano: “Marti non puoi andare avanti cosi, non stai neanche in piedi” mi vedevano con gli occhi stanchi, mi si leggeva in faccio che ero distrutta, ma purtroppo non avevo scelta. Mio figlio ogni volta che uscivo di casa mi diceva: “Mamma stai a casa con me , perché devi andare a lavorare ogni giorno?” e io in quel momento non sapevo cosa rispondere!!!  Portare a casa tre  stipendi (che sommati facevano 1 stipendio) solo io era l’unico modo per vivere.
Potrei andare  avanti per righe e righe a raccontare la mia esperienza nel dettaglio, ma mi fermo qui  perché sono sicura che poi ne verrebbe fuori un libro e non una semplice lettera J .
E’ brutto da dire ma nell’Italia di oggi possiamo contare solo su noi stessi e le persone care, ora posso dire che fortunatamente le cose per me si sono sistemate, ho un “unico” lavoro a tempo pieno e il mio ragazzo ha trovato un posto dove riceve puntualmente lo stipendio.
Ringrazio con il cuore i miei genitori ,anche non chiedendo mai  niente, mi sono sempre stati vicini economicamente senza nulla in cambio.
 
Ciao,
Martina

mercoledì 12 settembre 2012

DAL BLOG SI SERGIO NAVA DI RADIO24

Alessia Bottone, 27enne veneta, che con una lettera di denuncia al quotidiano della sua città ha sollevato la scorsa primavera un polverone, sulla condizione dei giovani. Alessia è rientrata in Italia dopo esperienze di stage e studio all’estero, senza però trovare alcuna opportunità concreta di lavoro qualificato. Alessia ci fornisce UN motivo che la farebbe restare in Italia…. nel frattempo ha deciso di presentarsi così ai lettori del nostro blog:
“Ciao Sergio, sono Alessia Bottone, soprannominata “la ragazza che scrive lettere”. Oggi ho deciso di scrivere anche a te sia per ringraziarti del tuo interesse, sia perché nonostante abbia già scritto numerose lettere ai giornali, ho/abbiamo ancora qualcosa da dire. Uso il plurale, perché quando tutto ciò è iniziato ero sola, oggi siamo molti di più!
Il 18 giugno 2012 è stato pubblicato quello che io definisco “sfogo” dal giornale L’Arena di Verona, una lettera di 20 righe che riassumeva la situazione kafkiana nella quale mi sono trovata. Dopo essermi laureata, dopo aver lavorato per otto anni come cameriera, dopo aver aperto una ditta di catering mia per qualche anno, dopo aver abitato per cinque anni all’estero in sette paesi del mondo e dopo aver imparato tre lingue, dopo aver fatto uno stage alle Nazioni Unite e uno a Bruxelles, mi sono state sbattute tutte le porte in faccia. Da gennaio 2012 sarà riuscita a lavorare si e no 30 giorni, supplicando ditte, negozi e agenzie. Il centro per l’impiego mi proponeva solo stage pagati 200 euro al mese (ne ho già fatti quattro). Ho inviato almeno 400 curriculum in Italia e all’estero. Niente, nessuna risposta.
Ho perso anche il lavoretto che facevo come cameriera perché ero in nero e mi hanno lasciata a casa da un giorno all’altro a causa dei “controlli”. Volevo partire e andare in Svizzera, andava bene anche pelare le patate, pur di avere uno stipendio normale e di poter mettere via dei soldi e rimettermi in gioco. Non c’è stato niente da fare. I soldi non erano abbastanza e così in un giorno di tristezza “acuta” scrissi a L’Arena. Mai avrei immaginato di trovarmi in prima pagina. Mai avrei immaginato che una seconda lettera indirizzata al Ministro Fornero sarebbe stata pubblicata da un quotidiano nazionale e mai avrei pensato che il mio blog (http://danordasudparliamone.blogspot.it/) avrebbe attirato l’attenzione delle radio nazionali, delle tv e ma soprattutto di cosi tante persone nella mia stessa situazione. In realtà non mi rendevo conto che il problema era generale. Sono stata talmente tanto rifiutata dai datori di lavoro che ho iniziato a pensare di essere io il problema. Nella realtà poi mi sono resa conto che gli stessi si rifiutavano di assumermi, ma che sarebbero stati ben felici di accogliere una risorsa da formare con contratto stage.
Da formare, poi? Ho i capelli bianchi, le prime rughe, e mio papà alla mia età aveva già un figlio. Caro Sergio, permettimi di dirti che se sono ancora da formare e non da assumere, mi auguro tanto che esista la reincarnazione affinché in una seconda vita io riesca a maturare i contributi necessari per la pensione. L’eco che ha avuto il mio sfogo non è casuale, non sono né la prima ne l’ultima persona ad aver chiesto alla classe politica“Cosa avete intenzione di fare per noi?”
Che siamo la generazione “segnata” ce lo hanno già detto. Ma a me/noi non basta e non ci basterà neanche quando, al momento delle elezioni politiche, qualche slogan ci ricorderà quanto (cosa?) è stato fatto per poi segnalarci la casellina dove mettere la X e mandare qualcuno sulla poltrona rossa per qualche anno. Porto avanti questo blog senza nessuno scopo preciso se non quello di riunire voci e persone, di condividere idee, di far si che il detto “l’unione fa la forza” non siano parole al vento. Considero il mio blog un posto per sognatori, per chi ha ancora voglia di progettare. Per giovani e meno giovani, nutriti dall’entusiasmo e non dall’arrendevolezza di chi ci ha rappresentato. Mi faccio/ ci facciamo sentire perché siamo stanchi di sentirci dire “ e allora perché non parti?” A costoro vorrei dire che partire dovrebbe essere una scelta legata ad ambizioni personali e non obbligo dettato dall’impossibilità di trovare un posto di lavoro. Emigrare non è sempre la soluzione. Emigrò mio padre 30 anni fa, per assicurarci “un futuro migliore al Nord”. Che faccio io adesso? Me ne vado ancora più a Nord di così? Per partire ci vuole “un capitale iniziale”, libertà da vincoli sentimentali , familiari. Poco fa infatti ho vinto uno stage a Strasburgo, presso un’istituzione Ue, ma ho dovuto rinunciare. A 27 anni non posso permettermi di essere pagata 450 euro al mese senza nessuna prospettiva di assunzione. Ma soprattutto non accetto più di lavorare per quella cifra per Istituzioni che parlano di diritti umani e diritto del lavoro in Europa per poi essere i primi speculatori. Per concludere Sergio, se mi chiedi un motivo per il quale valga restare in Italia non so dirtelo. Ne ho tanti, troppi. Resto per l’entusiasmo dei ragazzi che hanno voglia di cambiare le cose, resto perché se un giorno mi chiederanno cosa hai fatto per provare a cambiare le cose non risponderò che mi sono lamentata e basta, resto per i suoi paesaggi e le sue mille contraddizioni, resto perché vorrei una risposta: “Dove siete e cosa state facendo per noi?” e continuerò imperterrita fino a quando non la otterrò.
Pura utopia? Forse, del resto l’ho sempre detto i nostri sono e resteranno sogni a tempo (in)determinato!”;

martedì 11 settembre 2012

SOLO USCENDO DALL'ITALIA...

La mia storia:
Mi diplomo nel 1995 al Liceo classico, prima della maturita decido che all'università avrei fatto Conservazione dei Beni Culurali indirizzo Archivistico - Librario. Genitori non proprio entusiasti, "che cosa ci farai con una simile laurea ?".Il corso di studi, che é un miscuglio di storia, uno di chimica, di informatica, teoria di gestione dell'informazione e biblioteconomia mi affacina moltissimo. Decido che in parallelo faccio anche la scuola dell'archivio di stato, due anni di corso post-diploma con materie di ambito archvistico.



Ai concorsi infatti avere la laurea + il diploma di archivista da' piu' punteggio; mi do' l'obbiettivo di laurearmi nel miglior 5% degli studenti. Dopo un mese di corsi scopro il laboratorio di informatica di facolta, semi abbandonato poiche le studentesse (90% della facoltà) snobbano l'informatica.
Al terzo anno ho uno solo voto sotto il 30, finite le annualita e
finito l'archivio di stato. Vado al provveditorato di Venezia che ho
scoperto via internet essere il distributore di un software per
biblioteche scolastiche. Il professore responsabile e' contentissimo di vedermi; parlando del piu' e del meno viene fuori che al software
mancava una certo funzionalità di conversione dati e mi propone di
svilupparla e di pagarmi per questo. Sapevo che il software andava sviluppato in un linguaggio di cui avevo visto il manuale in internet e accetto.
Invece di impiegarci un mese ce ne metto quattro ma imparo il mio primo linguaggio di programmazione. Mi pagano come Co.Co.Co. senza problemi. Il quarto anno faccio una breve esperienza in una biblioteca del Lussemburgo, finisco gli esami e mi laureo scrivendo la storia di un fondo librario e un software per renderlo disponibile su internet.

Parto subito per il servizio militare e uso i larghissimi tempi morti per stare al passo con internet e la gestione hw/sf dei Pc. Prima di finire il militare mi assume una ditta di informatica per
biblioteche per scrivere programmi di conversione dati. In pratica mi riciclo nell'informatica.

Ora, sempre nel settore software per biblioteche, occupo una posizione senior.
In pratica la ricetta e' stata:
- Studio al massimo livello
- In parallelo studiare l'informatica
- Inserirsi nell'informatica connessa al campo di studi.


Questo percoso e' stato simile a diversi miei colleghi di studio, tutti pero' di sesso maschile. Nessuna della amiche che studiava con me ha preso in considerazione una simile riconversione.
Risultati dopo 13 anni dalla laurea:
- Tutti gli uomini sono assunti a tempo indeterminato in varie ditte
private con stipendi dai 1500 netti in su.
- Quasi tutte le donne sono precarie con stipendi intorno agli 800 netti.
- Una ha avuto successo come imprenditirice
- Un'altra e' entrata nel pubblico dopo  un numero non piccolo  di concorsi
Considerazioni: una laurea umanistica e' una bella cosa se fatta con
molto passione e ti puo' insegnare molto peroòci vuole realismo per
vedere come usarla nel mondo del lavoro.



Ora la situazione e' peggiore che nel 1999-2000, un percorso del genere e' fattibile solo uscendo dall'Italia.
Zeno


sabato 8 settembre 2012

UNA PORZIONE DI INSALATA PER PRANZO


Ciao Alessia, 

ho letto la tua storia su cafebabel e purtroppo mi ci sono rivisto. Ho da poco finito la laurea triennale ma diciamo che tutte le mie speranze stanno pian piano svanendo e non so neanche cosa fare, addirittura mi è stato consigliato da docenti universitari di prendermi un'altra laurea utile finchè sono in tempo al posto di una specialistica inutile.
Mi sono laureato in 2 anni e mezzo in relazioni internazionali, un anno di studio a Bruxelles, 8 mesi di co.pro. nell'ufficio Europrogettazione di una grande società italiana per cui ho avuto modo di frequentare Commissione Europea e ICE di Bruxelles, 3 mesi come collaboratore per una O.n.l.u.s. in Kenya (a mie spese). Alla fine mi laureo in tempo, buoni voti, parlo correntemente francese, inglese e spagnolo penso che tra la fine della laurea triennale (marzo 2012) e inizio della magistrale (settembre 2012)  di fare uno stage come consigliatomi dai miei professori dato che cambiando ateneo non avrei potuto comunque iniziarla a Marzo. Pur avendo iniziato a cercare con un certo anticipo ho iniziato a mandare cv per tutte le posizioni aperte in Italia e all'estero in tutto più di 150 cv, ho ricevuto si e no 10 risposte in cui mi si diceva che ricercavano persone ancora iscritte in università, persone laureate triennali ma se fossero state 25enni sarebbe stato meglio dato che i contesti di lavoro non erano facili e infine ho avuto anche aziende che mi hanno risposto, quando chiedevo se ci fosse un rimborso spese, che era ILLEGALE retribuire gli stagisti ma avrei avuto una porzione di insalata per pranzo tutti i giorni lavorativi. Ho fatto colloqui imbarazzanti sia per stage in italia che all'estero, chiamato dal job placement dell'università per fare lavori per cui basta la licenza media o per fare il censimento dell'Enel, mi è stato chiesto di andare totalmente a spese mie 3 mesi a johannesburg per uno stage in camera di commercio dove mi sarei anche dovuto noleggiare una macchina per tutto il tempo della mia permanenza...spese previste 3000-4000 euro più il volo. Dopo la laurea sono tornato in kenya come volontario, ho parlato con responsabili di diverse Ong che mi hanno tutti detto che avevo tutte le caratteristiche per ottenere uno stage ma che purtroppo il posto era già occupato da altri e quindi di provare a tornare quando avrei fatto esperienza altrove. Ma se nessuno mi da la possibilità di fare esperienza come faccio?
Ad oggi mi sto domandando se la scelta di studi che ho fatto sia stata giudiziosa, o forse dovrei rivederla completamente avendone ancora la possibilità dato che ho 23 anni appena compiuti. La cosa che mi fa tristezza è che quando mi guardo in torno, non vedo possibilità, penso che a Settembre inizierò una laurea magistrale alla fine della quale sarò nuovamente col culo per terra...solo che a 25 anni riniziare da capo e continuare a vivere facendo il cameriere a chiamata sarà un po' più dura.

Ti ringrazio per aver creato questo spazio dove si ha la possibilità di sfogarsi e raccontare la propria esperienza, forse sapere che non siamo gli unici in questa condizione ci aiuta a non mollare la presa.

Ciao

giovedì 6 settembre 2012

CHI CERCA DI TENERVI BAMBINI NON É VOSTRO AMICO


Ciao Alessia, 

complimenti, credo che sia veramente il momento che vi prendiate la vostra vita nelle vostre mani.
So per esperienza personale che chi cerca di tenervi bambini non e' vostro amico.
Ho scritto due righe come commento a quanto dice Francesco in risposta a Cafe'Babel. 
Te lo rimando, un po' corretto, per Email. 
Facci quel che ritieni opportuno e contattami pure come vuoi se credi che possa esserti utile, magari anche solo per scambiare due idee.
Io me ne andai dall'Italia più di trenta anni fa perche' non ci vedevo futuro. 
Ora mia figlia e' andata a Trinidad ed anche la' fatica a trovare la sua strada. Parla e scrive correttamente sei lingue, ha una laurea in antropologia culturale e un curriculum di tutto rispetto con collaborazioni nel più qualificato mondo delle ONG (ma queste cose tu le conosci gia'.
La crisi che stiamo attraversando e' più generale, e ci sta portando verso una probabile instabilita' globale mai vista prima. 
Ma ci sono gli strumenti per affrontarla e credo che si possa uscire dal guado relativamente presto, ma il momento e' ora!
Io non voglio il futuro che stanno cercando di cucirci addosso e non mi tirerò indietro.
Anche se ho cumulato moltissimi ricordi ed ho davanti meno strada di quanta ne abbia già percorsa, non voglio dar via  progetti, speranze e desideri, anche e soprattutto se saranno tutti per me.



Auguri per la vostra vita e contate sul mio supporto



Alessandro



*****************
Cari tutti,



Uscii dall'Italia perché pensavo che la generazione precedente, avesse occupato tutto il possibile, spesso con incapaci che difendono i loro privilegi come possono, cioe' con trucchetti e soprusi.
Ma non avrei mai immaginato dove sarebbero arrivati...
Pensavo che la generazione dei miei figli avrebbero potuto costruire su quel poco che eravamo riusciti a difendere, se non a costruire noi, ma essi si sono  (voi vi siete) trovati davanti a barriere artificiali ed a ricatti quasi insormontabili, anche con il nostro supporto. 



Avete ragione, dovete impegnarvi con ancora piu' forza e piu' caparbieta', ma attenzione, molti dei libri che vi sono proposti, cosi' come alcuni "Master" legati a grandi gruppi finanziari, hanno piu' lo scopo di tenervi sottomessi che di aiutarvi a crescere.



Volete provare a leggere questo: 



Jha Prem S.    “Il caos prossimo venturo - il capitalismo contemporaneo e la crisi delle nazioni” 
    edito in Italia da Neri Pozza, lo si trova anche su ibs.it



Un altro pensiero a mio avviso illuminante e' il seguente: 



Idries de Vries, "Austerity and the globalization of poverty: The closing chapter in capitalism’s history?"
si può trovare su:



Quando parlate di "cambio di paradigma" dite una cosa vera, ma vi siete fatti un'idea di cosa e' in gioco?.



Secondo me, detto in estrema sintesi, si e' finalmente capito che la terra ha risorse limitate. Potrebbe sembrare un bene, ma ci sono delle conseguenze.
Se le risorse sono limitate, ne consegue che non e' possibile mantenere in un ambiente finito un sistema che "non e' sano" se non "cresce di un tot percento all'anno".
Una tale definizione descrive un sistema che ha una crescita esponenziale  (2, 4, 8, 16, 32, 64, 128, 256, ... come i chicchi di riso sulla scacchiera della nota storia). La nostra economia e' dunque' un sistema sostenibile solo in un ambiente infinito, certamente insostenibile sulla terra, grande ma finita!



Se tutte le risorse hanno un tetto, allora l'unico vero problema e' la distribuzione delle stesse, non la loro produzione. 
Infatti pensiamo ad una ipotetica popolazione di diciamo 10 milioni di abitanti, in cui il 10% muore di fame. 
Se in quella società immaginamo di  moltiplicare magicamente le risorse disponibili per due, ma manteniamo identica la composizione sociale (distribuzione delle risorse), cosa accadrà? 
Con le maggiori risorse disponibili la società crescera' e, all'equilibrio, raddoppiera', lasciando ancora il 10% di persone che muoiono di fame, cioè  due milioni di persone che muoioni di fame invece del milione che c'era prima di raddoppiare "la produzione".



Le possibili soluzioni per distribuire le ricchezze sono  limitate tra due estremi :
- il possesso di tutte le risorse da parte di una sola persona (un imperatore e gli altri servi) ed 
- una distribuzione uniforne (tutti ugualmente poveri, a seconda di quante persone ci sono nel mondo).



ANel mondo di oggi si sono affermate forze, organizzazioni, agglomerati industriali ecc. che dispongono di mezzi, economici, finanziari ed anche militari, più grandi di quelli degli stati che dovrebbero controllarle  imponendo il rispetto del "patto sociale" (chiamatela pure Costituzione, se volete). Attualmente queste forze stanno spingendo verso un modello di società (una distribuzione del reddito) piu' o meno cosi' concepita: 



-circa il 2% di super ricchi, 



-forse il 25% di persone educate quel che basta per far funzionare quello che i super ricchi desiderano 



-il resto tenuti come animali, cibo e riparo sufficienti per mantenerne in vita un certo numero, ma senza alcuna possibilità di istruirsi.



Ma dato che il 25% della popolazione dovrà comunque essere un poco istruita per poter fare il proprio lavoro, si dovrà prevedere di tenerli in uno stato di continua feroce competizione tra loro e soggetti anche ad un  feroce controllo sul piano psicologico e del pensiero per impedire che si accorgano di essere oppressi e che quindi possano rivoltarsi. 



Ecco come, oggi, si sta attivamente preparando qualcosa che comincia a somigliare in modo preoccupante al mondo descritto da "1984" (G. Orwell,  si trova anche in pdf in rete) o da "Fahrenheit 451" (Ray Bradbury).



Il passaggio delicato, nel quale questa possibile trasformazione della società e' piu' vulnerabile, e' quando si cominciano a toccare gli interessi di chi ha la capacita' intellettuale di rendersi conti di cosa succede mentre ancora questi  hanno i mezzi (e la volontà) per opporvisi, creando spazi comuni, associazioni, partiti in grado di proporre ed imporre soluzioni  alternative e/o compromessi più validi.



Se passera' questo momento senza che il 98% della popolazione riconosca di essere dalla stessa parte e faccia sentire il suo peso ci sveglieremo presto nel medioevo prossimo venturo, qualcuno artigiano, gli altri servi della gleba.



Perché i cambiamenti sono introdotti lentamente e si sono usati e si usano i mezzi di comunicazione che rendono accettabile ogni piccolo incremento della pressione.
E' chiaro a cosa servono i grandi imbonitore del video? si capisce come mai si sono spesi capitali ingenti in trasmissioni anestetizzanti che banalizzano "il grande fratello" rincartandolo con un lenzuolo di perbenismo e vago senso di colpa da voyeur?
C'e' chi spera che la rana, immersa nell'acqua, fredda e poi riscaldata molto lentamente, perda le sue forze tanto da non poter più saltare fuori dal recipiente quando infine si accorgera' che la stanno bollendo, c'e' chi spera che salti subito via, come farebbe certamente riconoscendo l'acqua bollente!